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Appunti Storia del Diritto: DECRETALI PSEUDO ISIDORIANE

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    ...Lei, sorrisi e lacrime da cui prendono forma i sogni miei, ovunque vada arriverei a passo a passo accanto a Lei...

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    La più fortunata di tutte le falsificazioni del periodo Carolingio fu la Decretali Pseudo-Isidoriane, un‟opera fra le più significative dell‟età carolingia.
    Nella prefazione compare il nome di Isidoro, che si professa ansioso di verità, e che, per placare tale ansia, si dedica alla compilazione (sollecitato da oltre 80 vescovi).
    Secondo alcuni, l‟autore dell‟opera fu il vescovo Isidoro di Siviglia.
    L‟intervento falsificatorio consistette nel creare un abile mosaico di pezzi presi da tradizioni ecclesiastiche e laiche, ritoccati con nuove paternità canoniche; alcune lettere papali e norme conciliari sono poi spinte indietro di secoli.
    Poiché al tempo, la chiesa francese si andava strutturando secondo una piramide gerarchica (in una scala di figure diverse di vescovi, arcivescovi, etc.), pare che l‟intento del falsificatore, attraverso quest‟opera, fosse quello di attuare un livellamento della funzione vescovile. Detto in altri termini gli sforzi di Isidoro, il falsificatore, sono rivolti contro la feudalizzazione della chiesa transalpina.
    Si deve, sempre alle Pseudo-Isidoriane l‟avere salvato e consegnato ai posteri la falsa donazione di Costantino.

    Le false Decretali di Isidoro, opponendosi agli assetti feudali della chiesa di Gallia, coinvolgono uno dei personaggi più significativi degli ultimi tempi carolingi, Incmaro, arcivescovo di Reims e metropolita della Gallia, teologo e scrittore di trattati moralistico - politici; molto influente a Corte.
    Era un accanito difensore della posizione di comando che aveva assunto come metropolita.
    Incmaro vescovo di Laon (nipote di Incmaro e suo omonimo) aveva a lungo tentato di invocare la limitazione di quei poteri.
    Egli è responsabile di una delle prime utilizzazioni delle Decretali Pseudo-Isidoriane. Per contrastare l‟arroganza dello zio curò la redazione di un ampio estratto dell‟opera, lo sottoscrisse e lo fece sottoscrivere dal suo clero e lo utilizzò come arma, mettendo quindi in luce i reali obiettivi riformistici della falsificazione.
    E‟ possibile che la collezione sia giunta abbastanza presto a Roma, e si è discusso se l‟abbia o meno utilizzata già l‟energico papa Niccolò I, che avrebbe ben potuto gradire l‟opera. In ogni caso la chiesa riservò a questo falso un notevole successo.
    E‟ evidente che vi erano casi in cui il falsario fuorviava intenzionalmente i lettori per un illegittimo profitto personale, e allora cadeva nel grave peccato di mendacium che la chiesa osteggiava.
    Ma vi erano casi, come quello della Pseudo-Isidoriana, in cui l‟autore non si proponeva di indurre qualcuno in errore, ma si riprometteva al contrario di giovare alla chiesa riportandola alla purezza del suo stato di grazia originario.
    Per quanto riguarda poi specificatamente i testi normativi, due sono i criteri formali di valutazione:
    1 Il meno importante era quello della genuinità, ossia l‟originalità della scrittura, che riguardava essenzialmente l‟accertamento della paternità e della datazione.
    2 Decisivo era il carattere dell‟autenticità; autentici erano tutti gli scritti caricati da un‟auctoritas, che ne impedì il rifiuto. Per intenderci l‟emblema stesso dell‟autenticità erano i testi sacri che la chiesa aveva recepito e corredato di un‟autorità non discutibile.

     
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  2. MOMOGORE
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1 replies since 29/4/2011, 08:37   2076 views
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